Anarchia e anarchici pag. 2
Vediamo adesso alcuni tra i più famosi anarchici della storia moderna
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Carlo PISACANE
Anarchico insurrezionale possiamo considerare senza dubbio Carlo Pisacane. Egli, sicuramente tra i personaggi più amati della storia del secolo diciannovesimo e delle vicende che portarono all'Unità d'Italia, è conosciuto, anche da chi studioso non è, come l’eroe protagonista della sfortunata “Spedizione di Sapri” di cui verseggia mirabilmente Luigi Mercantini nella famosa poesia “La spigolatrice di Sapri”. Egli, nato a Napoli, 22 agosto 1818, è stato, oltre che un ammirato protagonista del Risorgimento Italiano, sicuramente il primo anarchico italiano. Carlo Pisacane morì suicida, sparandosi un colpo di pistola a Sanza (SA), il 2 luglio 1857, a seguito del fallimento della sua spedizione.
Felice ORSINI
Tra gli anarchici individualisti è doveroso ricordare Orso Teobaldo Felice Orsini nato a Meldola (oggi provincia di Forlì-Cesena, allora facente parte dello Stato Pontificio) il 10 dicembre 1819. A Parigi, egli, il 14 gennaio del 1858, attentò alla vita di Napoleone III, ritenuto causa della divisione dell’Italia e quindi del disagio degli Italiani. L’attentato fallì e Felice Orsini fu ghigliottinato il 13 marzo 1858.
Carlo CAFIERO
Carlo Cafiero può essere inserito, a buona ragione, tra gli anarchici insurrezionali.
Egli è l'esempio più eclatante di come gli anarchici non provenivano solo dalla gente più povera, e che quindi avevano maggiori motivi di avversione nei confronti della classe dominante e dei ricchi borghesi, ma anche da persone che, pur provenienti da famiglie agiate o altolocate, erano animate da sentimenti di giustizia e di uguaglianza.
Carlo Cafiero nacque l'1 settembre 1846 a Barletta da una ricca famiglia appartenente alla borghesia agraria del Regno delle Due Sicilie. Da giovane fu avviato alla carriera diplomatica. Ben presto, però, Carlo abbandonò questa prestigiosa attività per seguire il suo spirito anarchico.
Carlo Cafiero fu tra gli organizzatori del tentativo insurrezionale di Bologna del 1874 e poi uno dei componenti della "Banda del Matese" (con l'altro grande anarchico Errico Malatesta) che tentò l'insurrezione in Campania, nella zona tra Benevento e Caserta. Entrambi i tentativi, purtroppo, non ebbero successo e si conclusero con l'arresto dell'anarchico.
A dimostrazione che le sue azioni erano dettate da uno spirito di giustizia, occorre ricordare che Carlo Cafiero usò le sue ricchezze, che non erano poche, per finanziare il movimento anarchico.
Carlo Cafiero morì nel manicomio di Nocera Inferiore, (SA) il 17 luglio 1892.
Giovanni PASSANNANTE
Anche Giovanni Passannante fu un anarchico individualista ed il suo gesto fu senza dubbio dettato dalla grande miseria della sua famiglia e della sua gente in avversione a re e borghesi che sguazzano nel lusso e nella ricchezza.
Egli nacque a Salvia di Lucania (poi ridenominata Savoia di Lucania, in segno di scusa o, meglio, di vile omaggio di quella città verso la casa regnante) , in provincia di Potenza, il 18 febbraio 1849.
La sua famiglia era molto povera e per questo motivo Giovanni Passannante non poté frequentare la scuola. In seguito imparò a leggere e a scrivere e le sue letture furono la Bibbia, gli scritti di Giuseppe Mazzini e quelli di Giuseppe Garibaldi, oltre ai giornali, soprattutto quelli che parlavano dell’Internazionale Socialista.
Il futuro anarchico, per ovviare alla sua miseria, girò per l’Italia in cerca di lavoro e svolse soprattutto il mestiere di cuoco. Nel corso del suo continuo girovagare, Giovanni Passannante giunse a Napoli ed entrò in contatto con gli ambienti anarchici. Il rapporto con gli anarchici fece venire a galla nel giovane tutto l’odio covato nel cuore per gli esponenti della nobiltà e soprattutto per la casa reale che vivevano nel lusso e nel benessere mentre egli e la maggior parte della gente viveva nella miseria nera e pativa la fame.
Allora Giovanni Passannante decide di fare qualcosa per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla condizione della povera gente ed opta per un gesto clamoroso: uccidere il re.
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Il 17 novembre del 1978, mentre Umberto I, salito al trono dieci mesi prima, era in visita a Napoli, Passannante tentò di ucciderlo con il coltello. Il tentativo non ebbe successo e Giovanni Passannante fu catturato. Condannato a morte, l'anarchico ebbe la pena commutata in ergastolo. Più che all'ergastolo, però, possiamo dire, senza paura di essere smentiti, che Giovanni Passannante fu condannato ad essere sepolto vivo, come ebbe a dire inseguito parlare egli stesso. Fu, infatti, rinchiuso in assoluto isolamento in una cella angusta, alta neppure un metro e mezzo (egli era alto almeno un metro e 60 cm), senza servizi igienici e con molti chili di catene ai piedi. Le condizioni disumane nelle quali era vissuto, lo portarono alla follia.
Giovanni Passannante morì il 14 febbraio 1910 nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino), dove era stato trasferito quando la sua follia era ormai conclamata.
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