Anarchia e anarchici

Da Cap2.

SULL'ANARCHIA E SUGLI ANARCHICI

di Anonimo Olevanese

In tutti i momenti della Storia, l'Anarchia è stata sempre vista come qualcosa di negativo, quasi di cattivo, probabilmente a causa di quell'alfa privativa che la fa sembrare monca o zoppa, sicuramente perché non si è mai voluto approfondire il pensiero anarchico in modo distaccato, con occhio sereno. In parole povere con Anarchia si è sempre inteso come la volontà di "fare quello che si vuole" e non di "fare quello che si deve".
"Anarchia vuol dire non-violenza, non-dominio dell'uomo sull'uomo, non-imposizione per forza della volontà di uno o di più su quella di altri" - questo diceva il grande teorico ed attivista anarchico Errico Malatesta nel 1924, e, continuando: "E' solo mediante l'armonizzazione degli interessi, mediante la cooperazione volontaria ….". Sembrano quasi parole del Vangelo … l'unica divergenza consiste nel come convincere chi si oppone a questo: il Vangelo consiglia di porgere l'altra guancia, Malatesta e gli anarchici ritengono che occorre, purtroppo, usare la violenza e ... quella degli anarchici e l'unica forma di violenza giustificabile.
L'Anarchia, nella sua espressione più alta, probabilmente è solo una splendida utopia, ma nessuno può negare che, come tutte le utopie, la vera anarchia è un sogno bellissimo ed in fondo quasi tutti gli uomini, se non proprio tutti, sono un poco anarchici, anche se poi, per mancanza di coraggio, non lo si vuole ammettere. Spesse volte, poi, uno spirito libero, non imprigionato da lacci e lacciuoli, non perso nei luoghi comuni, lontano dagli stereotipi, lo si definisce un anarchico, sicuri di fargli un complimento. In ogni modo, a prescindere da tutto ed a premessa di ogni discussione, è giusto ricordare che, a differenza di comunisti, socialisti, democratici o meno, democratici, cristiani o meno, nessun anarchico si è mai arricchiti, tanto meno alle spalle di coloro che dichiaravano di voler aiutare, anzi, per usare il verso di una famosa canzone di Francesco Guccini "gli anarchici li hanno sempre bastonati" (Canzone di notte n. 2 di Francesco Guccini).
L'Anarchia si trova sempre in difesa dell'oppresso contro il potere, costituito o meno, legale o meno, a difesa del povero, della gente comune contro quella che, ultimamente, è definita "la casta". Coloro che, in ogni epoca, più si oppongono ai governanti sono, infatti, proprio gli anarchici. Nell'Ottocento gli anarchici erano praticamente i rivoluzionari: vari governi a vario titolo schiacciavano i popoli e diventava sempre più urgente, più di ogni altra cosa, liberarli dall'oppressione cui erano sottoposti. E gli Anarchici passano prepotentemente all'azione. Quando si parla di Anarchici, il nostro pensiero va subito a Michele Bakunin, il più grande rivoluzionario della Storia, a Carlo Pisacane, eroico patriota del Risorgimento Italiano, a Carlo Cafiero ad Errico Malatesta, a Francesco Saverio Merlino, a Gaetano Bresci ed a tanti altri del periodo a cavallo tra il 1800 ed il 1900. Non si possono, però, dimenticare quelli che vanno considerati come veri e propri precursori dell'Anarchia.
Chiunque, in qualsiasi modo, si pone in atteggiamento critico verso i poteri costituiti può essere, a ragione, considerato un anarchico. I sofisti, gli scettici, Socrate ed altri filosofi greci, che in un certo senso erano in antagonismo verso le regole comuni, possono essere definiti anarchici.
Anarchici erano senza dubbio Fra Dolcino da Novara e Gherardo Segarelli da Parma, come pure Tommaso Campanella, il frate rivoluzionario che vagheggiava la Città del Sole, e Giordano Bruno, il frate arso sul rogo. Proprio Tommaso Campanella, nella Città del sole, la città-stato da lui propugnata, prospetta tesi che solo duecento anni dopo saranno riprese proprio dagli anarchici ed hanno un alto valore sociale ed umano ancora oggi ("a nessuno meno del bisogno, a tutti secondo il merito"). Purtroppo 4 secoli sono passati invano e, con l'assenza totale di meritocrazia, con l'italica risorsa della raccomandazione, con le ingiustizie sociali tuttora evidenti, Frate Tommaso Campanella resta ancora attuale sia nella sua opera teorica e letteraria (La Città del Sole) sia in quella pratica (La rivolta contro la Spagna).
Prima di Fra' Tommaso Campanella, però, ricordiamo Fra' Dolcino.
Qualcuno lo ha definito eretico, ma la Chiesa non lo ha mai potuto bollare di eresia perché il suo operato, tutto sommato, era improntato ai veri dettami di Gesù Cristo. Fra Dolcino, però, pur essendo un religioso, era sicuramente dalla parte del popolo, che pativa la fame, contro il clero ed i ricchi feudatari che ingrassavano alle spalle della povera gente. Questo bastò a scatenargli contro una violenta crociata che neppure i mussulmani subirono.
Per questo motivo ci piace considerarlo più anarchico che riformatore religioso.
Gli anarchici veri e propri, che verranno nel XIX secolo, erano contro ogni forma di Stato, che ritenevano in ogni caso vessatoria nei confronti dell'essere umano, e, quindi, non avevano nessuna aspirazione di imporre un modello di Stato (come ad esempio volevano fare i comunisti). In virtù di questo, gli anarchici si possono più facilmente identificare con i rivoluzionari che tentavano, con l’insurrezione, di abbattere i governi ail potere al punto da sembrare degli eroi in difesa dei cittadini e della povera gente che spesso moriva di fame mentre governanti, nobili, clero e grassa borghesia vivevano nel benessere e nel lusso (anarchici insurrezionali) o con l’eliminazione fisica del governante di turno, ritenuto causa dell’oppressione della gente (anarchici individualisti).
In questa ottica possiamo vedere non solo il più grande anarchico e rivoluzionario di tutti i tempi e di tutto il mondo, quel Michele Bakunin che per oltre un trentennio fu presente ovunque c'era da lottare contro il potere e la tirannide, ma anche gli altri anarchici dell'Ottocento protagonisti, spesso, di azioni davvero clamorose.
Con molta probabilità il popolo vedeva in ognuno di loro una sorta di angelo vendicatore, sicuramente ne erano convinti essi, gli anarchici che nella seconda meta dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento furono protagonisti dei clamorosi attentati, spesso riusciti, verso re, presidenti e capi di governo ritenuti la causa del malessere della popolazione da loro mal governata.

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