BATTIPAGLIA pag. 1

Da Cap2.

INTORNO ALLE ORIGINI DI BATTIPAGLIA
SALERNO
STAMPERIA
RAFFAELLO BERAGLIA 1931



Durante le trattative per il riparto delle attività e delle passività nei confronti della nuova entità amministrativa, dai Rappresentanti del comune di Eboli è stato eccepito, fra l'altro, che l'abitato di Battipaglia siasi formato in epoca relativamente recente, a seguito, cioè della costituzione della Colonia omonima, disposta dal Borbone, dopo il terremoto di Melfi del 1857; e che, quindi, nel riparto stesso, non debbano comprendersi i beni comunque posseduti da Eboli, prima della fondazione della Colonia. La eccezione non ha nessuna ragion d'essere in quanto al diritto, com'è stato dimostrato in altra sede. Tuttavia ho voluto correggere l'erroneo concetto sulle vere origini di Battipaglia; e, al contrario di quanto comunemente si crede, questo abitato ha una vita assai remota. Le mie indagini hanno avuto la sola finalità di accertare che Battipaglia preesisteva alla formazione del patrimonio di Eboli, e si sono svolte attraverso gli atti di archivio, riflettenti la storia delle nostre contrade dal IX al XII secolo. Conseguito lo scopo che mi proponevo, non sono andato più innanzi.
Castelluccia.jpg Ulteriori ricerche, dirette a porre in evidenza le successive vicende e trasformazioni dell'abitato, potranno essere eseguite dai cittadini amanti del <<natio loco>>. A me soltanto la soddisfazione di aver segnato il punto di partenza e di aver spianato la via.
La denominazione di Battipaglia alla contrada sul lato sinistro del corso medio del fiume Tusciano è di data immemorabile. Ad essa trovasi unita l'altra di <<Castelluccio>> al piccolo fortilizio sorto sulla adiacente collina.
Il castello fu costruito, come tutti quelli del versante tirreno dell'Italia Meridionale, a protezione degli abitanti sparsi nelle campagne sottostanti, esposti, dall'VIII al IX secolo, alle incursioni dei Saraceni di Africa, di Sicilia e di Agropoli. Infatti, quando, nel 1080, Roberto Guiscardo confermò all'Arcivescovo di Salerno i beni da quest'ultimo posseduti tra i fiumi Tusciano e Sele, accennò pure al Castelluccio di Battipaglia (doc. I). La Chiesa Salernitana tenne il possesso del castello e delle terre vicine, fino a tutto il secolo XI, senza contrasto di sorta: ne fu spogliata soltanto alla fine di detto secolo, durante l'anarchia in cui cadde il Regno, dopo la morte di Errico VI di Svevia e durante la minorità del figlio Federico II. In tale periodo di tempo, un capitano di Errico VI, chiamato Marcoaldo, occupò la contrada e vi ricostruì il castello, in parte distrutto.

Federico II, assunto il Governo, non restituì alla Chiesa Salernitana il castello e gli annessi possedimenti; ne fece, invece, concessione prima ai Frati dell'Ordine Teutonico (doc. II) e poi ne assunse il diretto possesso, quando, cioè, ingaggiata una grande lotta con il Papa, occupò gran parte dei beni ecclesiastici dell'Italia Meridionale.
Federico II, morendo nel 1250, con disposizione testamentaria, ordinò che i beni violentemente tolti alle Chiese fossero restituiti; e in quella occasione anche il Castelluccio di Battipaglia, con il casale dipendente, venne riconsegnato (doc. VI, VII, VIII).
Dai documenti che si riferiscono a questo breve, ma antichissimo periodo storico, in parte pubblicati, in parte inediti, rilevasi che Battipaglia ha avuto sempre un importante nucleo abitato con caratteri propri.
E però, la formazione di detto abitato non è di data recente e, soprattutto, non rimonta, come si vorrebbe far credere, agli ultimi anni del regno di Ferdinando II, quando ivi fu costituita la Colonia per le genti rimaste, dopo il terremoto del 1857, senza tetto nel Vallo di Tegiano e in Basilicata.
Nel secolo XIII Battipaglia crebbe d'importanza ed ebbe tre casali, dei quali uno era attaccato al castello, uno era presso il ponte sul fiume ed il terzo a S. Mattia. I tre casali costituirono un unico possesso, mai e per nessuna parte di esso, unito o in relazione con Eboli.
Quanto al Castelluccio, qualcuno potrebbe pensare che possa trattarsi di altro fortilizio dello stesso nome, giacchè ne esistevano altri, così denominati, nella provincia di Salerno e fuori (ad esempio Castelluccio del comune di Galdo). Ma a rimuovere ogni incertezza, si osserva che fu usata sempre la denominazione di “Castelluccio di Battipaglia”.

Inoltre, i castelli non feudali, cioè quelli appartenenti alla R. Curia, erano mantenuti a spesa delle borgate viciniori, come rilevasi dalle disposizioni emanate da Federico II, in occasione della lotta ingaggiata col Papa. Ed il “Castelluccio di Battipaglia” trovasi nella nota dei castelli appartenenti al demanio imperiale: al relativo mantenimento furono obbligati gli abitanti del casale attaccato al castello e dei casali presso il ponte del fiume Tusciano e di S. Mattia (doc. V.).

Il Castello non era in terra deserta

Ogni castello, come si è detto, aveva la ragion d’essere nella protezione, assolutamente necessaria nell’alto Medioevo, delle genti che vivevano nelle piccole borgate, come nel caso di Battipaglia. Sicché, nel corso medio del fiume Tusciano, si ebbero, nel secolo XIII, tre casali che, riuniti insieme, costituirono sempre un nucleo di popolazione distinto col nome di Battipaglia e del tutto indipendente da Eboli. I documenti VI, VII ed VIII accennano alla restituzione del castello e delle terre vicine alla Chiesa Salernitana, dopo la morte di Federico II. Nel documento VI, si fa pure speciale menzione degli abitanti della contrada, della cappella ivi esistente, del casale nel quale abitavano gli uomini, degli edifici, delle vigne, dell’oliveto, della lavorazione dei campi, del terratico dovuto dai lavoratori alla Chiesa, ecc. ecc.. Il documento N. VII, ricordando che il giudice di Montecorvino, Matteo De Simone, si recò a Battipaglia per prendere possesso, in nome della Chiesa Salernitana, di quanto a questa era stato restituito, aggiunge che il castellano, Alberto De Recio gli consegnò le chiavi del castello e ogni altra cosa; ma non potè presentargli gli abitanti, i quali, come avveniva in simili casi, erano fuggiti. Il documento aggiunge che, poi, molte persone si presentarono al giudice De Simone, per prestare giuramento di obbedienza all’Arcivescovo di Salerno, al quale, come vassalli, erano tenuti. Il documento stesso riporta i nomi delle persone ritornate alle loro sedi, in numero di 22. Dovendosi ritenere che le 22 persone fossero soltanto capi famiglia – ed infatti non è notata alcuna donna -, e aggiungendo, come si usa dagli studiosi per un’approssimativa statistica degli abitanti di quel secolo, almeno cinque componenti per ogni famiglia, si può calcolare ad un centinaio il numero degli abitanti. Né deve essere ritenuto molto scarso tale numero, se si pensi che Salerno – la seconda città del Regno – contava appena 10 mila abitanti ed Eboli ne aveva 800 (doc. IX).



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