Acciarito

Da Cap2.

Pietro Umberto ACCIARITO

Pietro Acciarito è da annoverare tra gli anarchici individualisti e la sua storia ed il suo pensiero sono simili a quelli degli altri attentatori del periodo.
Egli nacque ad Artena, paesino in provincia di Roma, il 27 giugno 1871, lo stesso mese in cui Vittorio Emanuele II si trasferì a Roma, diventata capitale del Regno d'Italia.
La sua famiglia era molto povera e suo padre, Camillo, non aveva i mezzi per permettergli di frequentare la scuola; fu così che così Pietro Acciarito rimase praticamente semi-analfabeta.
Rimanendo la famiglia in gravi difficoltà economiche, il giovane Pietro si trasferì nella capitale per cercare lavoro e tentare di vivere una vita migliore; aprì una piccola officina di fabbro, ma il lavoro scarseggiava. Fu proprio la miseria e la mancanza di lavoro che lo spinse ad attentare alla vita del Re d'Italia Umberto I di Savoia.
Il 22 aprile 1897 Pietro Acciarito decise di mettere in atto il suo proposito cercando di pugnalare il sovrano. Il tentativo, purtroppo, fallì. L'attentatore, infatti, si lanciò con il pugnale contro il Re, ma perse l'equilibrio e cadde per terra. Così Umberto I rimase illeso e Pietro Acciarito fu subito arrestato.
Il processo contro l'attentatore si tenne il 28-29 maggio del 1898. Durante il dibattimento, Pietro si assunse tutte le responsabilità del suo gesto e ne motivò le cause. Egli infatti affermò: «Io l’attentato che ho fatto, prima di tutto non c’è complotto e non sono stato spinto da nessuno, ma lo feci perché ero in miseria. Si buttano li milioni in Africa e il popolo ha fame perché mancano li lavori. E’ questa la questione: è la micragna.» Questo era il problema: la miseria ed un Re, ministri e buffoni di corte che non facevano niente per alleviare le sofferenze e la miseria del popolo.
Pietro Acciarito, che non aveva neppure ferito il sovrano, fu condannato ai lavori forzati a vita ed a sette anni di segregazione. Appena fu letta la dura sentenza, l'anarchico gridò: "Oggi a me, domani al governo borghese. Viva l'anarchia! Viva la rivoluzione sociale!". Possiamo dire che il suo grido quasi profetizzò il gesto che due anni dopo compirà un altro grande anarchico, Gaetano Bresci, che ritornò dall'America per punire il sovrano.
Nonostante il tentativo dell'avvocato anarchico Francesco Saverio Merlino di ricorrere in Cassazione, Pietro Acciarito rimase in carcere fino alla morte che lo raggiunse nel carcere di Montelupo Fiorentino il 4 dicembre 1943.


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