Aneddoti L
ANEDDOTI L
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Decimo LABERIO
(Cavaliere latino e autore di mimi satirici - 106 a.C. – 43 a.C.)
Decimo Laberio, libero cavaliere romano, fu costretto da Giulio Cesare, ormai al potere a Roma, ad affrontare una sfida in teatro contro lo schiavo Publilio Siro. Per il cavaliere fu una vera ignominia, non tanto per la sconfitta, ma per il fatto di aver dovuto recitare in teatro.
In quella situazione umiliante, però, il Decimo Laberio scoccò una pesantre frecciata contro il dittatore dicendo in pubblico: - “Porro, quirites, libertatem perdimus … Necesse est multos timeat quem multi timent” (Ormai, o romani, abbiamo perduto la libertà! Però chi da molti è temuto, molti deve temere).
Sentendo queste parole, tutti gli spettatori si volsero verso Giulio Cesare.
Lucien LAMOUREUX
(16.9.1988 – 5.8.1970 – Politico francese)
Nel 1924, durante una seduta parlamentare, il deputato Lucien Lamoureux chiese la parola. Appena le fu concesso, egli si alzò in piedi, si concentrò per qualche minuto e poi disse gravemente:
- Rinuncio alla parola!.
Detto questo, si rimise a sedere.
Lamia
Lucio Elio Lamia (cortigiano dei Flavi – I Secolo d.C.) fu costretto a divorziare dalla moglie, Domizia Longina, del quale si era innamorato Domiziano e che poi la sposò. Quando Domiziano diventò imperatore, Lucio Elio Lamia fu messo a messo a morte per le sue battute di spirito, senza dubbio sospette nei confronti del sovrano, ma sicuramente vecchie e inoffensive.
I) Lucio Elio Lamia aveva sposato la bella Domizia Longina. Domiziano, il figlio dell’imperatore Vespasiano, si invaghì della donna e, per poterla sposare, li costrinse al divorzio.
Tempo dopo, ad un tale che si complimentava con lui per la sua bella voce, Elio Lamia, riferendosi al sopruso subito, rispose: “Ho una bella voce perché pratico la continenza.
(Svetonio – Vita dei Cesari)
II) Dopo che Domiziano gli aveva tolto la moglie, Elio Lamia non si era più risposato. Poiché Tito, il fratello di Domiziano, lo esortava a contrarre un nuovo matrimonio, Elio Lamia riferendosi al torto subito per opera del fratello, rispose ironicamente:
“Non è che vuoi sposarti anche tu?”
(Svetonio – Vita dei Cesari)
IV) Un giorno Domiziano lodava Lucio Elio Lamia per la bella voce di cui era dotato. Questi, alludendo al fatto che l’imperatore gli aveva sottratto la moglie, gli disse:
- Più che la mia voce, dovresti apprezzare il mio silenzio”.
Leone XIII
(Vincenzo Gioacchino Raffaele Pecci - Carpineto Romano, 2 marzo 1810 – Roma, 20 luglio 1903 - Papa dal 20 febbraio 1878 al 20 luglio 1903))
I) Papa Leone XIII, prima di salire al soglio pontificio, fu nunzio apostolico in Belgio. Una sera, partecipando ad una cena di gala, gli capitò di sedersi vicino ad una signora molto bella che indossava un vestito un po’ troppo scollato. Il futuro papa non le rivolse la parola per tutta la serata. A fine cena, quando ormai si era giunti al dolce, per non sembrare eccessivamente scortese, l’alto prelato rivolse qualche parola alla donna. Quando costei, stupita, gli chiese come mai avesse aspettato tanto tempo per parlarle, il monsignore rispose:
- Fu proprio quando udì la voce del signore, che Eva si accorse di essere nuda!
II) A papa Leone XIII non mancava il senso dell’umorismo. Una volta concesse una udienza ad un devoto, quasi centenario, il quale, essendo nato quando era ancora Papa Pio VI (Cesena, 27 dicembre 1717 – Valence, 29 agosto 1799), aveva visto ben sei Papi. Arrivato ai piedi del pontefice, il vegliardo si inginocchiò e con commozione disse:
- Santità! Sono davvero felice di essere riuscito ad incontrarla. Anche sua Santità Pio IX, pochi giorni prima di morire mi accordò la benevolenza di ricevermi in udienza!
Il papa gli sorrise e con fine umorismo rispose:
- Se avessi saputo che lei è così pericoloso per i Papi, avrei rimandato questa udienza di qualche anno.
Nils Erik LIEDHOLM
(Valdemarsvik (Svezia) 8 ottobre 1922 – Cuccaro Monferrato (Al), 5 novembre 2007) giocatore ed allenatore di calcio)
Nils Liedholm, il grande calciatore ed allenatore di calcio raccontava spesso in che modo avesse perfezionato la sua prontezza di riflessi. A tal proposito, diceva:
- Da bambino, mi allenavo a scartare gli avversari, giocando con due cani. Bisogna essere rapidissimi con loro perché essi non abboccano alle finte in quanto guardano la palla, non la persona!
LISANDRO
(ca 450 a.C, - 395 a.C. - Uomo politico e militare spartano)
I) Dionisio, tiranno di Siracusa, un giorno mandò a Lisandro due bellissime tuniche siciliane come dono per le sue figlie. Lisandro non le accettò, ma le rispedì al mittente dicendo:
- Ho paura che queste vesti le possano far apparire più brutte!
(Plutarco – Vita di Lisandro)
II) Una volta Lisandro fu inviato come ambasciatore presso Dionisio, tiranno di Siracusa.
Questi, come già aveva fatto una volta in passato, ricevendone un rifiuto, gli inviò due vesti, invitandolo a scegliere quella che preferiva per portarla alla figlia.
Lisandro le prese entrambe dicendo che solo la figlia avrebbe potuto decidere per il meglio.
(Plutarco – Vita di Lisandro).
III) Un giorno Lisandro discuteva con gli Argivi sui confini del loro territorio. Poiché questi sostenevano di aver ragione rispetto agli Spartani, Lisandro mostrò loro la spada e disse:
- Chi meglio sa dominare con questa, meglio sa ragionare sui diritti dei confini.
IV) Un cittadino di Megara in un colloquio con Lisandro usava toni molto arditi. Lisandro molto freddamente gli rispose:
- Senti straniero! I tuoi discorsi hanno bisogno di una città che li appoggi!
(Plutarco – Vita di Lisandro)
Luigi XI detto il Prudente
(Bourges, 3 luglio 1423 – Plessis-les-Tours, 30 agosto 1483 - re di Francia)
Un giorno, mentre stava chiacchierando con alcuni suoi cortigiani, Luigi XI, re di Francia, si sentì pungere dal morso di un pidocchio. Il sovrano, però, non si adirò per il fastidio ricevuto, ma esclamò:
- Devo ringraziare questo piccolo animaletto perché mi ha ricordato che un re è essere umano come tutti gli altri!
LUIGI IV (Re di Francia)
Un giorno Luigi XIV ordinò ad un suo servitore di cercare una moneta che gli era caduta a terra. Nella stanza c’era il Principe di Condè che, indignato dalla richiesta del sovrano, gettò una manciata di monete per terra impedendo, poi, a chiunque di raccoglierle. A questo gesto, Luigi XIV disse al principe:
- Voi potete permettervi questo sperpero perché quel denaro è parte del vostro patrimonio personale. Io, però, non me lo posso permettere perché vivo del denaro dei miei sudditi.
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