Chanson de Geste

Da Cap2.

CHANSON DE GESTE

A partire dalla fine del secolo XI, in Francia fiorì una vasta produzione poetica. Nelle raffinate corti provenzali tale poesia fu ispirata al sentimento d’amore (la famosa “poesia cortese”); nel nord, invece, dopo i primi testi ispirati a biografie e agiografie (vita dei santi, dei beati, ecc.) del X secolo, si sviluppò la cosiddetta “Letteratura cavalleresca”.
La produzione di questa letteratura si estrinsecò in poemi epici che narravano avventure e fatti di armi di personaggi storici divenuti in seguito leggendari. Questa poesia in origine era destinata alla diffusione orale e si propagò grazie a menestrelli, trovatori e cantastorie: essa è meglio conosciuta con il nome di “Chansons de Geste”. Di queste gesta ce ne sono pervenute circa 90, quasi tutte anonime, in strofe di decasillabi (versi di 10 sillabe) e successivamente di dodecasillabi (versi di 12 sillabe) con evidente evoluzione di tale poesia in quanto si passa dall’assonanza alla rima (cioè si arriva alla rima vera e propria, prima non esistente).
L’argomento delle Chansons de Geste fu raggruppato da Bertrand de Bar-sur-Aube in tre cicli: bretone, classico e carolingio. Il ciclo bretone narra le vicende dei cavalieri di Re Artù e fu detto “Materia di Bretagna”, mentre quello classico narra gesta leggendarie dell’antichità e fu detto “Materia di Roma”.
Il ciclo carolingio (o dei Re di Francia) narra le gesta dei conflitti tra i grandi feudatari, le lotte contro i saraceni e, in particolare e soprattutto, le vicende di Carlo Magno e dei suoi Paladini. Questo filone è definito tradizionalmente come “Materia di Francia”.

CHANSON DE ROLAND

La più famosa chanson de geste è la “Chanson de Roland” (Canzone di Orlando) che risale alla fine dell’undicesimo secolo - inizio del dodicesimo.
Essa si presenta in una rigorosa struttura drammatica, in tre atti ed un epilogo e raggiunse una notorietà incredibile che neppure i secoli riuscirono a scalfire, tanto che in seguito da essa trassero spunti per i propri capolavori grandissimi poeti come il Pulci (il Morgante), Matteo Maria Boiardo (l’Orlando Innamorato) e Ludovico Ariosto (l’Orlando Furioso).
Vediamo, comunque, in breve la sua nascita e la sua trama, che del resto come tutte le leggende, affonda le sue radici nella realtà storica, precisamente nella nascita dello stato francese e nel definitivo respinta degli Arabi protesi verso la conquista dell’Europa.
Dopo che i Saraceni erano stati sconfitti per la prima dal famoso “Carlo Martello” nella battaglia di Poitiers, Carlo Magno allontanò definitivamente dall’Europa il pericolo rappresentato dagli Arabi con continue spedizioni in Spagna Di ritorno da una di queste spedizioni, la sua retroguardia fu assalita e sterminata dai baschi, alleati degli arabi, a Roncisvalle (nel 778). In questa imboscata cadde anche il più forte dei paladini, il famoso Rolando (o Orlando), nipote del Re, a cui era stato affidato il compito di proteggere il grosso dell’esercito da eventuali attacchi nemici alle spalle. Avuta notizia dell’attacco, Carlo Magno ritornò indietro e sconfisse facilmente gli avversari, ma non fece in tempo a salvare il nipote. Come si può facilmente vedere, l’episodio non era di per sé molto rilevante nell’economia delle vicende di cui trattasi. Però queste imprese, benché inserite in un contesto di conflitti di potere e di conquiste, assunsero il carattere di una guerra religiosa tra cristiani e musulmani e per questo motivo, dato anche il particolare periodo, intorno ad esse fiorirono una quantità di leggende. Chiaramente gli episodi furono ingigantiti dalla fantasia popolare fino a diventare il poema che conosciamo, impermeato di nobili sentimenti quale l’amore verso, la fedeltà al sovrano, la purezza degli ideali e la fede in Dio. Così un episodio diventa epopea.
Rolando, il nobile nipote di Carlo Magno, combatte contro i mori che sono in numero sovrastante e fa strage di nemici. Il suo valore non ha pari e neppure lo sfiora l’idea di suonare il suo corno (l’Olifante) che di sicuro sarebbe stato sentito dallo zio e gli avrebbe salvato la vita. E così l’eroe si batte fino all’ultimo respiro; la sua spada, (Durlindana) che racchiude nel suo manico le reliquie dei santi, fa il vuoto intorno a se; i nemici cadono falcidiati dall’eroe. Solo quando si accorge che la morte si sta avvicinando in quanto è stato gravemente ferito, Rolando suona il suo fido corno: ma ormai è troppo tardi, la vita gli sta sfuggendo via. Cade svenuto. La sua spada sta per diventare preda di un saraceno che la porterà come trofeo in Arabia. Ma questo non deve accadere: il paladino raccoglie le sue ultime forze e con il suo fido Olifante percuote pesantemente l’infedele fino a spaccargli l’elmo e le ossa del capo. Poi si trascina ai piedi di un albero, copre con il suo corpo la Durlindana ed il corno, volge la testa verso la Spagna in modo che si sappia che egli non è stato sconfitto in battaglia e le sue armi non rappresenteranno motivo di gloria per i nemici. Poi raccomanda l’anima a DIO.
La vita ormai lo sta lasciando: il Signore lo chiama a sé e manda gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele per accompagnarlo verso la Sua gloria.
Re Carlo, appena sentito il suono dell’Olifante, torna repentinamente sui suoi passi e vendicherà l’eroico paladino sconfiggendo i mori e uccidendo il perfido traditore Gano ... e la vicenda finisce.


CONCLUSIONI

La Chanson de Roland deve la sua fortuna soprattutto al significato che assunse la guerra tra Re Carlo e gli Arabi: guerra contro gli infedeli, lotta tra il male ed il bene, conflitto tra Dio e demonio e bene si inserisce nel periodo storico cui si riferisce. La Chanson de Roland è un’opera immensa: infatti si compone di 4002 versi decasillabi. Essa è ritenuta anonima, ma secondo alcuni storici è da attribuire ad un cantastorie di nome Turoldo, che viene citato alla fine del poema.

Torna a Brigantaggio oppure vai a Etruschi

Strumenti personali
Namespace

Varianti
Azioni
Navigazione
Strumenti