Aristide il Giusto

Da Cap2.

Ecco alcuni aneddoti su Aristide il Giusto

Aristide il Giusto - (Politico Ateniese - V Secolo a.C.)

Un giorno Temistocle propose alcuni provvedimenti necessari per il popolo ateniese. Aristide, suo avversario, si oppose all’iniziativa ed ebbe il sopravvento nonostante la bontà dell’iniziativa di Temistocle. Mentre si allontanava dall’assemblea che gli aveva dato ragione, però, Aristide disse tra sé che non c’era nessuna possibilità di salvezza per il popolo di Atene se non avessero gettato lui e Temistocle nel Baratro (il Baratro era una rupe dove si scaraventavano i condannati – NdA).
(Plutarco – Vita di Aristide)


Una volta Aristide presentò al popolo una legge e la sostenne con successo nonostante una grande opposizione ed un forte contrasto.
Quando, però, il presidente dell’assemblea iniziò la consultazione dei cittadini, accortosi dai discorsi degli oppositori che il suo progetto era impopolare, Aristide non votò.
(Plutarco – Vita di Aristide)


Un giorno Aristide si trovava a giudicare due suoi concittadini. Forse per portarlo alla sua causa, uno dei due, nel corso dell’udienza, affermò che il suo avversario aveva offeso gravemente Aristide. Questi, senza scomporsi, replicò:
- Amico mio! Dimmi piuttosto se ha fatto del male a te. Io sto giudicando nel tuo interesse, non nel mio.
(Plutarco – Vita di Aristide)


Aristide aveva citato in giudizio un avversario. I giudici, avendo ascoltato l’accusa, non volevano ascoltare le ragioni dell’imputato, ma erano decisi a passare direttamente alle votazioni. Contrario a questa palese ingiustizia, Aristide salì sulla tribuna e, unendosi alle preghiere dell’accusato, chiese che quello potesse essere ascoltato ed usufruisse, come era giusto, della procedura legale.
(Plutarco – Vita di Aristide)


Poiché Temistocle aveva affermato che considerava come massima virtù per un generale saper intuire e prevedere i piani dei nemici, Aristide gli ribatté:
- Questo è senza dubbio necessario, caro Temistocle, ma è anche bello e degno di un generale saper tenere a freno le proprie mani.
(Plutarco – Vita di Aristide)

Mentre Aristide camminava per la città, un ateniese si rivolse a lui per scrivere sull'ostrakon (il pezzo di coccio usato per segnalare gli indesiderati) perché l'uomo era analfabeta e quindi non sapeva scrivere. Quando Aristide gli chiese il nome da scrivere, questi (che non lo ave va riconosciuto) fece il suo nome. Quando Aristide, che ovviamente si era reso conto di non essere stato riconosciuto, chiese al tizio perché volesse condannarlo all'ostracismo, questi rispose che non aveva un vero motivo, ma era solo stanco di sentir nominare Aristide "il Giusto". Aristide scrisse il suo nome e non fece commenti.
(Plutarco - Vita di Aristide)

Ecco lo stesso aneddoto narrato da Cornelio Nepote
Si racconta che, convinto che nulla sarebbe più valso a sedare la folla ormai sobillata a decretargli l’ostracismo, Aristide stava andandosene, quando vide un tizio che scriveva il suo voto per farlo espellere dalla patria. Gli chiese quale ragione lo spingesse a dare quel voto o quale colpa avesse commesso Aristide per essere giudicato meritevole di tale grave condanna. Quegli rispose che nemmeno conosceva Aristide, ma non poteva soffrire che si fosse dato tanto da fare al punto di essere chiamato lui solo “il giusto”, con esclusione di tutti gli altri.
(Cornelio Nepote)


Quando ormai Aristide, colpito dall’ostracismo, si stava allontanando da Atene, tese le braccia al cielo e chiese agli dei una grazia opposta a quella chiesta a suo tempo da Achille. Aristide, infatti, pregò gli dei affinché per gli Ateniesi non venisse mai il tempo di essere costretti a ricordarsi di lui.
(Plutarco – Vita di Aristide)



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