Anarchia e anarchici pag. 3

Da Cap2.

SULL'ANARCHIA E SUGLI ANARCHICI

Indice

Sante CASERIO

Pure Sante Caserio era convinto di agire per rendere giustizia al popolo che soffre e praticamente di rispondere per le rime a governi e ricchi borghesi.
Sante Geronimo Caserio nacque a Motta Visconti (MI) il 8 settembre 1873. Il 24 giugno 1894, a Lione, uccise, pugnalandolo a morte durante un'apparizione pubblica, Marie-François Sadi Carnot presidente della repubblica francese. Catturato, ovviamente fu processato e condannato a morte. Durante il processo, Sante Caserio ribadì proprio il concetto che la sua azione e quella degli altri anarchici era la risposta alle azioni dei governi dell'epoca. In sostanza egli affermò che se i governi impiegavano i fucili ed il carcere, gli anarchici rispondevano con le bombe ed i pugnali, facendo di tutto per distruggere i governi e la borghesia. Sante Caserio non negò mai la propria responsabilità e neppure chiese pietà o tentò di commuovere i giudici a più miti sentenze. Tutt'altro! L'anarchico, che poteva avere salva la vita se solo avesse fatto il nome di qualche compagno, rifiutò con disprezzo l'offerta rispondendo: "Caserio fa il fornaio, non la spia!"
Sante Geronimo Caserio morì sulla ghigliottina a Lione il 16 agosto 1894.

Michele ANGIOLILLO

Michele Angiolillo, nato a Foggia il 5 giugno 1871 e morto a Vergara (Spagna) il 20 agosto 1897, mise in atto il suo attentato non per odio di classe, ma per vendicare le vittime di una repressione che egli, a ragione, riteneva ingiusta e pretestuosa. Chi era Michele Angiolillo Lombardi?
Michele Angiolillo Lombardi appartiene alla schiera degli anarchici individualisti come Gaetano Bresci, Giovanni Passannante, Pietro Acciarito ed altri ancora che, invece di rimanere in attesa della sommossa o di una rivoluzione del popolo, erano del parere che era meglio eliminare fisicamente chi commetteva azioni a danno dei popoli.
La biografia di Michele Angiolillo la si può leggere su questo sito nella sezione cultura-biografie)

Pietro Umberto ACCIARITO

Pietro Acciarito nacque ad Artena, paesino in provincia di Roma, il 27 giugno 1871.
Il 22 aprile 1897 tentò di pugnalare Umberto I di Savoia, re d'Italia, ma il tentativo, purtroppo, fallì.
Nonostante il tentativo dell'avvocato anarchico Francesco Saverio Merlino di ricorrere in Cassazione, Pietro Acciarito rimase in carcere fino alla morte che lo raggiunse nel carcere di Montelupo Fiorentino il 4 dicembre 1943.
(La biografia di Pietro Umberto Acciarito la si può leggere su questo sito nella sezione cultura-biografie)

Gaetano BRESCI

Gaetano Bresci nacque a Coiano, una frazione di Prato (Provincia di Prato) l'11 novembre del 1869.
Il 29 luglio del 1900 a Monza, una domenica sera, sparò tre o quattro colpi di pistola contro il Re d'Italia e lo uccise.
Nonostante la brillante difesa di Saverio Merlino, il 29 agosto 1900, ad un mese esatto dall'attentato, Gaetano Bresci fu condannato ai lavori forzati a vita ed a sette anni di segregazione.
Gaetano Bresci morì nel penitenziario dell'Isola di Santo Stefano il 22 maggio 1901 in circostanze misteriose.
(La biografia di Gaetano Bresci la si può leggere su questo sito nella sezione cultura - biografie)

Luigi LUCCHENI

Altro grande individualista fu Luigi Luccheni, conosciuto per un’azione clamorosa, ma che potremmo definire di “moda” in quei tempi: l’uccisione di un sovrano.
Luigi Luccheni nacque a Parigi il 22 aprile 1873. Sua madre, Luigi Lucchini, era una bracciante agricola ed era rimasta incinta del figlio di un grosso proprietario terriero della zona di Parma. La ragazza si era recata a Parigi per partorire di nascosto e nella capitale francese abbandonò il figlio in un orfanotrofio. All’anagrafe il neonato fu registrato, forse per errore, forse per volontà della madre, come Luccheni, invece che Lucchini.
Il piccolo Luigi fu affidato alla famiglia Nicasi che lo prese con se al solo scopo di avere un contributo statale. A dimostrazione di ciò, come racconta lo stesso Luccheni nelle sue memorie, il bambino ricevette continui maltrattamenti e patì anche la fame. La famiglia affidataria, però, doveva mostrare di “guadagnarsi” il contributo che lo stato elargiva e quindi dovette mandarlo a scuola, anche se per pochi mesi, giusto il tempo per preparalo all’esame finale. Il piccolino, nonostante tutto, risultò tra i migliori di tutta la scuola mettendo in mostra una viva intelligenza ed eccellenti doti di ingegno. Come ricompensa, però, Luigi Luccheni è ceduto, manco fosse una bestia o uno schiavo, ad un certo Angelo Savi il quale lo utilizza come guardiano di pecore.
Da grande, dopo aver vagabondato per un po’ di anni, troviamo Luigi Luccheni militare a Napoli. Sia chiaro! Il giovane non amava certo la vita militare, ma si era adattato perché convinto che “l’aver fatto il militare” potesse essere un buon viatico per ottenere in futuro un lavoro dignitoso. Come militare combatté nella guerra in Africa Orientale ed ottenne anche una onorificenza per “meriti militari”. Egli sperava che questa onorificenza poteva essere un attestato di merito per ottenere il posto di direttore del carcere, ma la sua speranza fu frustrata e Luigi Luccheni, che dal ritorno dalla guerra lavorava come cameriere presso il principe Raniero de Vera d’Aragona, sotto il cui comando aveva combattuto in Africa, deluso, riprende il siuo vagabondaggio approdando in Svizzera. Qui viene a contatto con esponenti anarchici, tra i quali molti sono italiani.
Luccheni diventa anarchico, ma resta, come egli stesso si definisce, “anarchico solitario” perché secondo lui “ogni associazione, anche la più semplice, richiede burocrazia e la burocrazia non è altro che l’elemento essenziale dell’odiata autorità statale”.
Fu a Ginevra, in Svizzera, che Luigi Luccheni decide di compiere un gesto clamoroso: uccidere un sovrano o un nobile … la sua grande povertà non gli permette di comprarsi una rivoltella e quindi si arma di una lima appuntita e con quella si appresta a compiere la sua azione dimostrativa. Il suo bersaglio iniziale è il principe d’Orleans, ma poi l’anarchico è costretto a cambiare obiettivo perché questi ha lasciato Ginevra ed è rientrato in Francia.
Saputo dell’arrivo in città dell’imperatrice d’Austria Elisabetta di Baviera (detta Sissi), il 10 settembre 1898 Luigi Luccheni la uccide colpendola al petto con un unico colpo e poi si lascia arrestare. Egli confessa il suo gesto e quando al processo gli fu chiesto il perché della sua azione risponde: «Perché sono anarchico. Perché sono povero. Perché amo gli operai e voglio la morte dei ricchi». L’anarchico è condannato all’ergastolo. Durante il carcere studia il francese ed in questa lingua scrive un libro di memorie: “Storia di un ragazzo abbandonato alla fine del Diciannovesimo secolo racocntata da lui stesso” (Histore d’un enfant abandonné a la fin del XIXe siècle, racontèe par lui-meme”).
Luigi Luccheni muore in carcere a Ginevra il 19 ottobre 1910. Fu trovato impiccato con una cintura di pantaloni; si ritiene che si sia suicidato, ma è più probabile che sia stato ucciso e l’omicidio camuffato da suicidio. Dopo la morte il suo la sua testa fu staccata dal corpo e tenuta in un barattolo di formalina.


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